Aprassia: definizione, cause e trattamenti

L’aprassia è un disturbo neuropsicologico caratterizzato da difficoltà o incapacità di eseguire in maniera corretta i movimenti volontari, sia aventi significato (gesti) sia privi di senso, sebbene risultino intatte le capacità motorie e sensoriali del soggetto.

Spesso le spersone affette da tale disturbo non sanno di esserlo e non lamentano alcuna disabilità.

Altra caratteristica importante è inoltre la dissociazione automatico-volontaria: il gesto viene eseguito correttamente in maniera automatica tuttavia viene compiuto in modo sbagliato se prodotto volontariamente.

Ad esempio durante una seduta di valutazione il soggetto non riesce fare “ciao” con la mano se glielo si chiede, ma saluta l’esaminatore con lo stesso gesto a fine seduta.

Principali forme cliniche

APRASSIA IDEOMOTORIA: la persona ha in mente il gesto da compiere, ma non riesce a tradurlo nella corretta sequenza motoria. Il movimento effettuato appare infatti non riconoscibile, grossolano e approssimativo.

APRASSIA IDEATIVA: il soggetto non sa che cosa deve fare per portare a compimento un’azione e generalmente compie movimenti senza rispettare l’ordine temporale degli stessi o condensa più movimenti in uno.

APRASSIA DEL TRONCO: incapacità di eseguire movimenti complessi con la muscolatura assiale.

APRASSIA BUCCO-FACCIALE: incapacità di eseguire su comando gesti con la muscolatura orale.

Quali sono le cause?

La causa più comune è la malattia cerebrovascolare. Le aprassie sono spesso la conseguenza di un infarto embolico o trombotico nel territorio dell’arteria cerebrale media.

Ulteriori cause sono lesioni cerebrali dovute a trauma cranico,  neoplasie nelle aree associate ai disturbi del movimento e patologie neuro-degenerative come il morbo di Alzheimer.

Com’è possibile intervenire?

Una prima modalità di intervento, generalmente necessaria per i pazienti più gravi, consiste in un adattamento delle condizioni ambientali in cui il soggetto vive, rimuovendo utensili che potrebbero risultare pericolosi in quanto non correttamente utilizzati, limitando il numero di oggetti necessari per compiere determinate attività e selezionando quelli a uso più immediato.

In seguito, attraverso la riabilitazione neuropsicologica, è possibile agire direttamente sul comportamento deficitario. Si distinguono due tipi di approcci: trattamento restituivo e trattamento sostitutivo.

Nel primo caso l’obiettivo del terapeuta è quello di riportare la funzione perduta alla stessa efficienza pre-morbosa; nell’altro caso lo scopo è invece quello di portare le funzioni risparmiate a vicariare la funzione coinvolta e a trovare strategie alternative compensatorie.

Quali sono i benefici?

  • Riduzione del deficit prassico;
  • Sviluppo di una maggiore autonomia del paziente;
  • Miglioramento della qualità della vita.

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