CORONAVIRUS: COME RICONOSCERE PRECOCEMENTE IL LONG-COVID, IL NEUROCOVID, E COME INTERVENIRE
LONG-COVID
Dopo la paura generata dalla fase acuta dell’infezione Sars-CoV-2, legata soprattutto alla possibilità di provocare una polmonite bilaterale interstiziale e una importante reazione infiammatoria, dopo più di un anno di pandemia iniziano a evidenziarsi molteplici manifestazioni di una sindrome nuova chiamata Long-Covid. Ovvero un insieme di sintomi fisici, neurologici, psichiatrici, riscontrabile in alcuni dei pazienti già negativi dopo aver contratto il virus a distanza anche di 120 giorni dalla apparente guarigione.
L’Istituto Superiore di Sanità sul proprio sito spiega come il virus potrebbe inoltre «presentare alcune similitudini con componenti dell’organismo e far generare anticorpi che possono reagire anche contro i nostri organi o tessuti, provocando le manifestazioni cliniche descritte». Polmoni, apparato muscolo-scheletrico, il cuore, i reni e il cervello sembrano essere i distretti più esposti al rischio di una lunga sequela della malattia. Con una prevalenza, dai primi dati, nel genere femminile di circa il doppio di incidenza rispetto ai maschi, e questo per una risposta autoimmune più frequente in genere nel sesso femminile (dati Istituto Superiore di Sanità).
Nel 60-70% dei pazienti entrati in contatto con il virus a livello fisico si registrano dolori muscolari e articolari.
A livello neurologico, neuropsicologico e psichiatrico si può manifestare una somma di problematiche e svaniscono molto più lentamente e che comprendono difficoltà di concentrazione e attenzione, perdita della memoria, disturbo post traumatico da stress (PTSD).
La perdita dell’olfatto e talora del gusto, individuati come spesso campanelli d’allarme della malattia, esisterebbero soltanto nel 10% dei pazienti (fonte: Prof. Iannaccone, IRCSS ospedale San Raffaele di Milano).
Chi sono i pazienti più a rischio di long-covid?
Probabilmente coloro che, già prima dell’infezione, risultavano obesi, ipertesi o affetti da una malattia mentale o da una patologia autoimmune.
NEUROCOVID
Tra i vari sintomi, il NEUROCOVID, (o disfunzione cognitiva definita anche “brain fog” = nebbia cognitiva) ovvero quando il coronavirus attacca il cervello, comincia a presentare dati epidemiologici importanti e riscontri in pazienti, adulti e bambini, lavoratori con vari livelli di responsabilità gestionale e decisionale, in difficoltà nel tornare alle normali attività della vita quotidiana anche sei mesi dalla negativizzazione.
L’ IMPORTANZA DELL’INTERVENTO PRECOCE RIABILITATIVO NON SOLO FISIATRICO
Da diversi istituti di ricerca internazionali viene invocato un precoce intervento diagnostico e riabilitativo mirato a limitare i danni a breve e a lungo termine determinati dal LONG-COVID per i quali è importante una valutazione neurologica e fisiatrica.
Fondamentale, in bambini e in adulti che presentano deficit cognitivi o psicologici, una valutazione neuropsicologica e psicodiagnostica che evidenzi il deficit cognitivo presente, ne caratterizzi i punti di maggiore impatto sull’individuo dal punto di vista cognitivo e psicologico, e che prontamente favorisca la riduzione dei sintomi presenti misurando costantemente l’efficacia degli interventi effettuati.
L’IMPORTANZA DI UNA COMBINAZIONE DI TERAPIE MIRATE SCELTE DA UN NEUROPSICOLOGO ESPERTO
Questa metodologia, da anni in atto presso il Centro Phoenix, permette di adattare in modo flessibile e combinato i trattamenti più efficaci per ottenere nel minor tempo possibile i migliori risultati e la migliore autonomia del paziente.
Proprio perché il neurocovid è ancora poco descritto nella letteratura scientifica, una metodologia riabilitativa corretta e non improvvisata da un punto di vista riabilitativo, attenta alla verifica dei risultati e alla personalizzazione della terapia con utilizzo di test neuropsicologici standardizzati somministrati dal neuropsicologo esperto, risulta a maggior ragione favorevole per il paziente e adeguata alla mutevolezza delle lesioni provocate dal virus nelle singole persone.
FONTI:
– Ludvigsson, J. F. Case report and systematic review suggest that children may experience similar Long-term effects to adults after clinical COVID-19. Acta Paediatr. https://doi.org/10.1111/apa.15673 (2020)-
-Buonsenso, D., et al. Preliminary Evidence on Long COVID in children. Preprint at medRxiv https://doi.org/10.1101/2021.01.23.21250375 (2021).
-Dupuis, M.L., et al. Immune response and autoimmune diseases: a matter of sex. Ital J Gender-Specific Med; 5(1):11-20 (2019).
-Brodin P. Immune determinants of COVID-19 disease presentation and severity. Nature Medicine; 2021;27(1):28-33 (2021).
-Long Covid: una sfida per la medicina di genere, Istituto Superiore di Sanità– Epicentro