CORONAVIRUS: EFFETTI PSICOLOGICI SUGLI OPERATORI SANITARI
Il Burnout negli operatori sanitari durante il COVID-19
Gli operatori sanitari sono esposti a varie malattie infettive, comprese quelle trasmesse attraverso il sangue o altri fluidi corporei e agenti infettivi presenti nell’aria. Numerosi studi hanno dimostrato che il gruppo di operatori sanitari a diretto contatto con i pazienti è esposto a livelli di rischio più elevati. Gli infermieri e i medici sono particolarmente vulnerabili a molti rischi legati al lavoro e subiscono una notevole quantità di pressioni emotive (Wheeler, 1997). Questo è ancora più importante durante una pandemia legata ad una malattia infettiva su scala mondiale e ciò può portare a stress e burnout lavorativo tra gli operatori sanitari (Maunder et al. 2006 ).
Una grande sfida nella pandemia è stata quella di prendersi cura dei pazienti infetti. La diffusione del virus e il numero di decessi tra gli operatori sanitari sono stati già segnalati in precedenza per il MERS-coV e la SARS, provocando negli operatori sanitari preoccupazione per se stessi e per la salute delle loro famiglie, paura, ansia, e anche pregiudizio sociale e il sentirsi stigmatizzati.
Cos’è il burnout e quali sono i sintomi?
È stato dimostrato che i lavori altamente stressanti hanno maggiori probabilità di causare il burnout lavorativo (Embriaco et al. 2007 ). Per definizione, la sindrome da burnout (BOS) consiste nell’esperienza di affaticamento per lunghi periodi di tempo e ridotti livelli di motivazione e interesse per il lavoro, che portano a una diminuzione della produttività del lavoro.
Il burnout è specificamente correlato al lavoro, al contrario della depressione. I segni comuni di esaurimento sono sentimenti di esaurimento emotivo, cinismo, derealizzazione. Ricerche precedenti hanno dimostrato che anche il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) è piuttosto comune tra i sopravvissuti a malattie infettive (Hong et al. 2009 ).
Si evidenzia che gli operatori sanitari hanno un alto rischio di incorrere in condizioni di burnout o psicologiche dovute al diffondersi del COVID-19. Il monitoraggio continuo e il trattamento tempestivo di queste condizioni sono pertanto necessari per preservare la salute dei professionisti e affrontare le conseguenze a medio e lungo termine dell’epidemia.
Conseguenze del burnout
Il burnout è associato a maggiori tassi di errore nell’assistenza medica e diminuzione della produttività, mettendo così a rischio i pazienti e mettendo a dura prova un sistema sanitario già in sovraccarico. Tra i legami più evidenti vi sono quello tra burnout e depressione, abuso di alcol e ideazione suicidaria. Aumentando i fattori di stress tra gli operatori sanitari, senza approcci adeguati su come far fronte a questi fattori di stress, aumenta il tasso di burnout.
Negli infermieri il burnout lavorativo può portare ad una minore disponibilità ad assumere la leadership, minore efficienza lavorativa, ridotto livello di soddisfazione dei pazienti ospedalizzati, aumento del livello di infezioni e tassi di mortalità tra i pazienti (Dyrbye et al. 2019).
Come prevenire il burnout durante una pandemia?
La prevenzione del burnout si basa su interventi a livello individuale, di squadra e istituzionale. La ricerca ha dimostrato i benefici della Mindfulness, delle tecniche di gestione dello stress, della partecipazione a programmi di debriefing in piccoli gruppi per aiutare gli operatori sanitari ad affrontare il burnout. Identificare i segni del burnout e contattare degli esperti psicologi può essere un primo passo importante per ricevere un supporto.
Fattori di stress, sintomi e strategie per affrontarli: alcuni consigli
È stato dimostrato come la limitazione delle ore di lavoro, in particolare nelle unità di terapia intensiva e la promozione del senso di gruppo prevengono il burnout. Garantire la disponibilità di dispositivi di prevenzione individuale ed essere aperti con il personale può alleviare parte dell’ansia. Fornire informazioni accurate e tempestive sulla cura dei pazienti COVID-19 può promuovere la standardizzazione e incoraggiare l’efficienza in tutto il sistema sanitario.
Esistono anche strategie psicologiche di gestione dello stress riprese da quelle utilizzate nelle forze armate, dove ai gruppi viene richiesto di lavorare in ambienti ad alto stress. Avere sessioni di debriefing di fine turno in cui parlare di ansia e dolore normalizza e offre alle persone la possibilità di esprimere le proprie esperienze.
Avere “compagni di battaglia”, persone per sostenersi a vicenda, può fornire supporto in una modalità che amici e persone non abituate ad esercitare assistenza sanitaria potrebbero non essere in grado di fare.
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