NEUROCOVID: Sequele neuro-cognitive della malattia da COVID-19

 

10 marzo 2020 viene dichiarata l’inizio della pandemia legata al diffondersi del virus COV-19-sars. A distanza di quasi due anni da quella data, in un alternarsi preoccupazione e di resistenza, siamo di fronte a dei primi dati su scala mondiale per quanto riguarda le conseguenze a breve, medio e lungo termine dell’esposizione a questo virus. Molti studi recenti pubblicati letteratura scientifica dimostrano la presenza di numerosi sintomi neurologici quali anosmia (non percepire gli odori), encefalopatia, attacchi epilettici sintomi neuropsichiatrici. Tra i sintomi neuropsicologici più descritti risultano problemi attentivi, esecutivi, mnesici (di memoria), visuo-spaziali e linguistici, e, non da ultime, le problematiche descritte in termini di “nebbia cognitiva”, stanchezza mentale e confusione.

 

Gli studi sui coronavirus umani passati e gli studi più recenti suggeriscono che SARS-CoV-2 può influenzare il sistema nervoso centrale (SNC) e il successivo funzionamento neuropsicologico attraverso percorsi diretti e indiretti.

  • Diretti – SARS-CoV-2 sembra essere sia neuroinvasivo che neurovirulento. Cioè, può violare la barriera ematoencefalica o entrare nel SNC attraverso altre vie, dove la sua presenza può potenzialmente portare a sequele neurologiche e neuropsicologiche sia acute che a lungo termine come descritto in letteratura già in passato conseguenza di virus analoghi (Arbour et al., 1999; Cristallo et al. , 1997; Fazzini et al., 1992; Johnson-Lussenburg & Zheng, 1987; Morfopoulou et al., 2016; Murray et al., 1992; Stewart et al., 1992; Yeh et al., 2004).
  • Indirette – dipendono dagli effetti sistemici. È ora accertato che una piccola minoranza di pazienti affetti da COVID-19 sviluppa gravi complicanze neurologiche, come encefalopatia tossica infettiva, encefalite virale e ictus (Asadi-Pooya & Simani, 2020; Wu et al., 2020), forse dovute al potenziale del virus di causare coagulopatia, trombosi e infiammazione (Mehta et al., 2020; Zhang et al., 2020). Inoltre, i sintomi neurologici e neuropsicologici possono insorgere anche secondari alla sindrome da distress respiratorio acuto atipico (ARDS) (Dreher et al., 2020; Gattinoni et al., 2020). Infine, moltissimi dei pazienti con casi gravi di COVID-19 ha condizioni mediche preesistenti anche associate a deficit neuropsicologici, tra cui ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari, cancro e malattie respiratorie croniche.

Il quadro potenziale di danno neurologico a medio e a lungo termine sembra importante e spesso determinato dall’intrecciarsi di più condizioni, alcune preesistenti, altre dovute alla fase acuta dell’infezione, altre come strascichi dell’infezione stessa.

Per il neuropsicologo, psicologo che si occupa di diagnosi riabilitazione neuropsicologiche delle funzioni cognitive, quindi è fondamentale considerare e valutare i molti fattori complessi di diverse complicazioni mediche vissute dai sopravvissuti al COVID-19.

L’esatta natura e la portata dei deficit neuropsicologici sperimentati dai sopravvissuti al COVID-19 vengono presentati dalla letteratura scientifica man mano che vengono curate le persone a livello mondiale e, di ora in ora, sempre nuovi spunti arricchiscono la conoscenza dei fattori clinici, delle differenze individuali, e dunque delle terapie utili per favorire una riduzione o una velocizzazione nella scomparsa dei sintomi.

Cominciano ad essere presenti delle Review internazionali su riviste prestigiose forniscono indicazioni cliniche le pratiche più ricche e puntuali.

 

Sintomi di natura generale sembrano essere presenti in quasi tutti i pazienti, spesso con esami di laboratorio anormali.

La tempistica dei sintomi varia dagli stati precoci (anosmia, mal di testa, mialgia) agli stadi successivi (stato mentale alterato, disturbi neuromuscolari, convulsioni, ictus) e alcuni sintomi neurologici possono persistere (come anosmia o mal di testa), mentre altri possono causare una disabilità persistente (come ictus o polineuropatia).

 

Quali terapie?

Innanzitutto appare necessario un approfondimento neuropsicologico e per evidenziare la presenza di deficit cognitivi o disturbi dell’umore o psicopatologici.

Poi una terapia di riabilitazione neuropsicologiche mirata al recupero delle funzioni cognitive compromesse, o alla stimolazione della velocità di recupero spontaneo delle stesse, deve essere affiancata a un monitoraggio dello stato psicologico e delle capacità di rientro al lavoro ottimali.

Diverse sono le terapie utili in questi casi: riabilitazione psicologica mirata, neuro modulazione cognitiva, utilizzo della realtà virtuale per intervenire su stress, ansia, fobie specifiche, una terapia psicofisiologica tramite Biofeedback per ridurre l’attivazione e l’allerta, regolare respirazione e allenare la variabilità cardiaca.

Di cui sopra sono rivelate ampiamente efficaci sia singolarmente che in modalità combinata nella nostra esperienza clinica più che ventennale.

 

Vuoi approfondire questa tematica?

CORONAVIRUS: BISOGNI, PROBLEMI, SOLUZIONI