TRATTAMENTI PER IL DISTURBO DA STRESS POST TRAUMATICO o PTSD
Prima di procedere con gli scenari di trattamento possibili è importante sottolineare che l’insorgenza del disturbo post traumatico da stress può verificarsi anche a distanza di mesi dall’evento traumatico, e che la sua durata può variare da un mese fino a cronicizzarsi per lunghi periodi, per questo è fondamentale trattare immediatamente e profondamente il disturbo. Le principali terapie che si sono dimostrate maggiormente efficaci anche a lungo termine si rifanno alla più recente terapia cognitivo-comportamentale, alla terapia cognitiva e alla terapia puramente comportamentale. Attualmente, tra le terapie evidence-based per il disturbo da stress post traumatico figurano il protocollo di Esposizione Prolungata (Prologed Exposure Therapy – PE, Foa et al, 2007), l’Emdr e la Terapia Cognitiva Processuale (PCT) maggiormente presente in studi di efficacia e soggetta a sperimentazione continua (Novo Navarro et al, 2016).
LA TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
La terapia cognitivo-comportamentale (Ellis, Beck) si focalizza sulle distorsioni cognitive con lo scopo di correggerle attraverso tecniche di ristrutturazione cognitiva, sull’estinzione delle memorie intrusive traumatiche e quindi sulla desensibilizzazione del paziente agli stimoli associati al trauma attraverso l’esposizione ripetuta (Connor e Butterfield 2003). Vengono combinate tecniche più cognitive come la raccolta delle credenze disfunzionali con tecniche di matrice comportamentale, in particolare l’utilizzo della tecnica dell’esposizione (in vivo o in immaginario) associata a tecniche di rilassamento per la gestione dell’ansia. Lo Stress Inoculation Training (SIT), ideato da Donald Meichenbaum è un tipo di psicoterapia cognitivo-comportamentale che si pone proprio l’obiettivo di favorire l’apprendimento di strategie di gestione dell’ansia e dello stress, e che consta di tre fasi: concettualizzazione, acquisizione e prova delle abilità di fronteggiamento, applicazione e richiamo delle abilità.
L’ESPOSIZIONE PROLUNGATA
La teoria alla base della concettualizzazione del Trattamento di Esposizione Prolungata era applicata già negli anni 80 ai disturbi d’ ansia con il nome di Teoria dell’elaborazione emotiva (Foa et al, 1986) e solo successivamente è stata applicata al disturbo da stress post traumatico (Foa et al, 1989).
Il protocollo di Esposizione Prolungata per il PTSD prevede dalle 10 alle 14 sedute di 90 minuti ciascuna; il trattamento interviene sulle componenti del disturbo da stress post traumatico sia sull’aspetto sintomatologico (es. flashback, incubi, iperarousal, perdita della dimensione presente) che sulle frequenti cognizioni irrealistiche (es. il mondo è cattivo, io sono incapace di affrontare lo stress legato all’evento traumatico e io sono colpevole) e sulla componente emozionale (legata a vissuti di paura, colpa, vergogna, rabbia ecc).
LA TERAPIA METACOGNITIVA
L’approccio metacognitivo (Wells, 2009) propone che i sintomi traumatici siano funzionali nel periodo immediatamente successivo all’evento stressante-traumatico, in quanto sarebbero parte di un processo naturale di adattamento (in inglese, Reflexive Adaptation Process -RAP) che influenza la cognizione e l’attenzione allo scopo di identificare e utilizzare nuove strategie di coping.
Normalmente tale percorso evolve senza ostacoli e la persona esce dal circolo ansioso dal momento in cui i processi cognitivo-attentivi cessano di focalizzarsi su stimoli minacciosi. Vi sono dei casi in cui però l’evoluzione adattiva di questo percorso viene bloccata quando la persona continua a rimuginare su stimoli potenzialmente minacciosi o connessi all’episodio traumatico. Il rimuginio appartiene alla sindrome cognitiva-attenzionale (CAS). Nel caso del disturbo da stress post traumatico, tale stile cognitivo consiste in una perseverazione ripetitiva del pensiero, dell’attenzione e dei ricordi allo scopo di trovare significati, monitorare e prevenire simili minacce future.
Secondo il modello metacognitivo, i sintomi del disturbo da stress post traumatico si manterrebbero perché la sindrome cognitivo-attenzionale non consente un’attività cognitiva flessibile e libera dall’incombenza del monitoraggio degli stimoli minacciosi. La terapia metacognitiva, inoltre risulta essere anche maggiormente efficace (con maggiori dimensioni dell’effetto) rispetto alla terapia espositiva; tuttavia nel follow-up si riscontrano elevate percentuali di recupero e miglioramento della sintomatologia per entrambe le terapie analizzate. Dunque entrambi i protocolli, secondo la ricerca, si possono definire empiricamente efficaci per il trattamento del disturbo da stress post traumatico.
L’EMDR
EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è una tecnica psicoterapeutica ideata da Francine Shapiro nel 1989. Questa metodologia, utile per il trattamento di disturbi causati da eventi stressanti o traumatici come il disturbo da stress post-traumatico, sfrutta i movimenti oculari alternati, o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per ristabilire l’equilibrio eccitatorio/inibitorio. Le ricerche hanno dimostrato che a seguito di un evento stressante c’è un’interruzione del normale modo di processare l’informazione da parte del cervello. La patologia in questi casi emerge a causa dell’immagazzinamento disfunzionale delle informazioni correlate all’evento traumatico, con il conseguente disturbo dell’equilibrio eccitatorio/inibitorio necessario per l’elaborazione dell’informazione. I movimenti oculari saccadici e ritmici tipici della terapia EMDR, concomitanti con l’individuazione dell’immagine traumatica, delle convinzioni negative ad essa legate e del disagio emotivo, facilitano la rielaborazione dell’informazione, fino alla risoluzione dei condizionamenti emotivi. In questo modo l’esperienza è usata in modo costruttivo dalla persona ed è integrata in uno schema cognitivo ed emotivo non negativo.
Le tecniche EMDR, come la terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma, seguono le teorie del processamento dell’informazione e si rivolgono alle memorie disturbanti individuali ed ai significati personali dell’evento traumatico e delle sue conseguenze, attivando la rete dei ricordi di paura attraverso la presentazione di informazioni che attivano elementi delle strutture della paura ed introducono informazioni correttive incompatibili con questi elementi attraverso un processo di ristrutturazione cognitiva. Tuttavia l’esposizione immaginativa tipica della terapia cognitivo-comportamentale porta l’individuo a rivivere ripetutamente l’esperienza traumatica il più vividamente possibile, senza prendere in causa altre memorie o associazioni; questo approccio è basato sulla teoria secondo cui l’ansia è causata dalla paura condizionata ed è rinforzata dall’evitamento.
Al contrario la terapia EMDR procede tramite catene di associazioni, collegate con stati che condividono gli elementi sensoriali, cognitivi o emotivi del trauma. In accordo con le teorie del condizionamento classico, promuovere l’attenzione a informazioni correlate alla paura facilita l’attivazione, l’abituazione e la modificazione della struttura di paura. Il cambiamento cognitivo che la terapia EMDR evoca mostra che il soggetto può avere accesso a informazioni correttive e collegarle alla memoria traumatica e ad altre reti di memorie associate.
Bibliografia
Il disturbo post traumatico da stress, Pieraccini, Bossini, Lombardelli, Calossi, Traverso, Annese, Castrogiovanni, Rapporti tra life events e patologia psichiatrica (2004; 215-238)
Il trattamento cognitivo-comportamentale del DPTS, Duca N. N. 1, 2008, pp. 21-52 Psicoterapeuti in-formazione
Il disturbo post-traumatico da stress: una rassegna Samuel Occhi, Luis Moya Albiol e Elvira Cicognani Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale – Vol. 13 – n. 3, 2007 (pp. 323-344)