Ambiente protesico per la demenza: una protesi a 360° per caregiver e malati
L’ambiente domestico, per un paziente affetto da demenza, è un nido “sicuro” ossia un luogo dove ci si può sentire a proprio agio, dove sono presenti affetti familiari, dove sono stati allevati i propri figli e tanto altro ancora. Nonostante ciò, la propria casa può presentare insidie nel momento in cui non si adottano strategie dementia friendly; infatti col progredire della patologia, vivere in casa propria, diventa molto difficoltoso sia per i familiari che per l’anziano, il quale richiede un sistema complesso di cure (Luppa M. et al., 2010).
Pertanto, vivere nel proprio ambiente domestico con un malato affetto da demenza, comporta una serie di cambiamenti che coinvolgono, oltre alle modifiche di ambiente fisico, l’introduzione di strategie che implicano:
- la semplificazione dei compiti che il paziente può svolgere in proporzione alla gravità dei sintomi cognitivi,
- la dinamicità delle modalità d’intervento da adottare e l’utilizzo di nuove tecnologie a supporto del malato (Rushford N., 2008).
Da quanto riportato si comprende bene come per “protesi” si intende una modalità di supporto che possa aiutare il paziente ad essere ancora autonomo e che stimoli continuamente le abilità del caro, in modo da rallentarne progressivamente l’evoluzione della patologia. Giunti a questo punto, sorge spontanea la seguente domanda: “perché è stato sviluppato l’ambiente protesico?”. La letteratura ci suggerisce che l’ambiente protesico nasce a causa dell’inefficacia degli strumenti farmacologici, soprattutto nelle fasi moderate-gravi, nel contrastare il lento declino di tale patologia, inoltre è considerevole l’effetto iatrogeno ad essi associato; di rimando è necessario un sistema di cure che prenda in carico e istruisca anche il caregiver, ossia la persona che risulta essere maggiormente sottoposta a una notevole quantità di stress correlato alla patologia del proprio caro. In aggiunta, interventi di ambiente protesico permettono di stimolare cognitivamente il paziente sin dagli stadi iniziali della patologia, permettendo una maggiore autonomia del caro, un maggiore senso di autoefficacia e, di rimando, un sollievo per coloro che accudiscono il malato (Guiata & Jones, 2011).
I familiari di una persona affetta da demenza supportano diversi carichi assistenziali: oggettivo, evolutivo, fisico, sociale, emotivo.
Lo stress sperimentato dal caregiver avanza con l’aumentare del decadimento cognitivo del familiare; inoltre, i disturbi comportamentali e dell’umore sono tra quelli che generano maggior carico assistenziale e psicologico, contribuendo alla decisione di ricoverare il malato.
A livello di carico assistenziale di tipo evolutivo, si riscontra come i progetti e le speranze per il futuro si affievoliscano maggiormente nel caregiver col progredire della patologia. I dati del Censis 2007 riportano come ci sia un’inadeguata cura della persona che assiste il proprio caro affetto da Alzheimer e un maggior isolamento sociale (carico fisico ed emotivo). In ultimo, il caregiver non avendo cura di sé stesso potrebbe rischiare un profondo senso di frustrazione e tensione, disturbi dell’umore, senso di colpa e rabbia. Proprio questi ultimi fattori, associati ad un maggior carico assistenziale nelle fasi avanzate della malattia, potrebbero far scaturire l’idea di istituzionalizzare il caro, creando così una condizione poco favorevole per i familiari e il malato.
Pertanto, tramite interventi protesici individualizzati e mirati si può favorire una maggiore permanenza del malato in casa, una maggiore sicurezza di quest’ultimo, un ambiente familiare ed accogliente che possa essere supportivo anche per il caregiver. Non dimentichiamo l’importanza di chi si prende cura: sono essenziali, in un ottica di ambiente protesico, interventi psicoeducazionali ed informativi, oltre che un supporto psicologico e sociale (Silvano L., 2004).
Bibliografia di alcuni articoli
Luppa M, Luck T, Weyerer S, König HH, Brähler E, Riedel-Heller SG (2010). Prediction of institutionalization in the elderly. A systematic review. Age Ageing. 39(1):31-8.
Rushford, N. (2008). Adapting your home to living with dementia. Socio-economic series. 1: 08-17.
Guaita A, Jones M (2011).A “prosthetic” approach for individuals with Dementia? JAMA. 305(4):402-3.
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