Perché alcuni esseri umani riescono ad affrontare e a superare eventi negativi dell’esistenza uscendone più forti e con una visione più integrata della loro vita?
Perché ad altri non accade?
Cosa ci può aiutare ad uscire rinforzati dalle avversità?
Cosa ci aiuta a sviluppare emozioni più positive?
Dalle interviste effettuate a persone sopravvissute all’Olocausto, gli psicologi hanno evidenziato tre dimensioni fondamentali dell’autocoerenza, che, se presente e rinforzata a livello di personalità, risulta protettiva di fronte a eventi di estrema drammaticità: la capacità di esercitare un controllo (seppur effimero), la comprensibilità (all’interno della gamma di azioni umane), il significato (all’interno del senso di una azione o di un evento).
Chi ha presentato questi tre tratti di personalità è riuscito più facilmente a riadattarsi alla vita post-prigionia e non ha scelto il suicidio (studi di Antonovsky, 1980, 1987).
La psicologia positiva, da Seligman in poi, si è concentrata fortemente sulla scoperta e sullo sviluppo di potenti strumenti di difesa dell’equilibrio e della serenità umane .
Un ruolo molto importante sembra svolto dalle emozioni positive, che diversi studi (Fredrickson, 1998, 2001) confermano essere in grado di ampliare le risorse intellettuali, fisiche e sociali, costituendo riserve alle quali attingere di fronte ad una minaccia.
Le emozioni positive aiutano la nostra mente ad espandersi, ad essere più tollerante e creativa, e dunque a risolvere più brillantemente i problemi, aprendoci a più visioni e a una comprensione più ampia delle motivazioni e dei meccanismi sottostanti a ciò che viviamo.
Molte sono le dimensioni da coltivare i noi e nei nostri figli affinché risultiamo più “forti” e sereni.
Tra queste alcune sono le seguenti:
La resilienza è la capacita di un individuo di resistere agli urti della vita senza spezzarsi o incrinarsi, mantenendo e potenziando inoltre le proprie risorse sul piano personale e sociale (Oliverio Ferraris, 2003).
Il “rifiorire” (flourishing ) è condizione di tutte quelle persone dotate di una vitalità emotiva, che funzionano positivamente sia nella vita privata sia nei vari ambiti sociali, che vivono pienamente la propria Vita, socialmente connessi, non limitandosi al mero esistere.
Ciò presuppone il porsi degli obiettivi da perseguire attivamente con impegno ed energia, in uno stato di ”coinvolgimento vitale” (Nakamura & Csikszentmihalyi, 2002).
L’attitudine pro attiva propria dei resilienti consente di considerare la realtà con le sue potenzialità e i suoi ostacoli.
Il resiliente sa che non tutto potrà andare come desidera, ma metterà comunque in atto delle strategie per superare nel modo migliore gli eventi difficili (e su questo avrà controllo).
Dunque l’impegno, la creatività, la fiducia e la responsabilità nei compiti che scegliamo di compiere, unite all’instaurare relazioni positive improntate all’autenticità (essere se stessi, riconoscendo sentimenti e emozioni), all’empatia (sentire come se si fosse l’altro), all’accettazione (accettare l’altro nel valore che rappresenta come individuo), (come spiegato da Rogers, 1970), risultano tutte dimensioni protettive.
La famiglia ha un ruolo molto importante Walsh (1998) ha condotto studi sulle famiglie resilienti.
Per uno sviluppo resiliente sono necessari calore, affettività, supporto emotivo cosi come una struttura famigliare ben funzionante e la presenza di confini ragionevoli e ben definiti.
La resilienza famigliare si basa su coesione, flessibilità, la comunicazione aperta, la capacità di problem solving e di sostenere il proprio sistema di convinzioni (Walsh, 1998).
Tutto questo può essere appreso se lo desideriamo?
SI, tramite l’Empowerment!
Un impianto terapeutico che permette di sviluppare:
- l’attribuzione di causalità interna (riconosco la mia responsabilità e ciò su cui posso agire),
- la percezione di auto efficacia (conoscenza di sé, quanto mi sento capace in un dato contesto),
- la speranza appresa
- il pensiero positivo (concetto simile all’ottimismo, che può essere considerato come l’attitudine psicologica a considerare la realtà sempre dal suo lato migliore, lavorando sulla comunicazione e sul dialogo interno).
L’educazione ricevuta in famiglia e condizionata dalla cultura di appartenenza, il supporto psicologico e psicoterapeutico e la narrazione risultano strumenti potenti per la costruzione di una persona “resiliente”.
UNO STRUMENTO CHE AIUTA: LA NARRAZIONE
Spesso il raccontare, il narrare per iscritto la propria storia, risulta un potente strumento per smuovere energie e ristrutturare il proprio percorso di vita direzionandolo verso un più proficuo futuro.
Questo perché la necessità di definire gli eventi per descriverli, il metterli in ordine, riassetta la logica di quanto stiamo vivendo e smuove le emozioni governandole e asservendole al racconto stesso e dunque controllandole.
Ciò favorisce il passaggio da strategie di coping emotive (strategie di gestione dello stress basate sullo sfogo emotivo, non razionali, non pianificate e poco utili alla soluzione di una situazione di disagio, più volte al “sentire”) verso strategie di coping operatorie (più razionali, più volte alla soluzione del problema, più volte al “fare”).
Dott.ssa Carla Mogentale
Psicologo e Psicoterapeuta
Specialista del ciclo di vita
Creatore e Direttore Sanitario del Centro Phoenix
Psicologia, Neuropsicologia, Riabilitazione, Psicoterapia
Clinica, Formazione e Consulenza