NORMALIZZARE IL PATTERN EEG NELL’EPILESSIA
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Che cos’è l’epilessia e quali sono le principali terapie di trattamento?
L’epilessia rappresenta una patologia neurologica grave e debilitante che caratterizza circa 70 milioni di individui in tutto il mondo e che è caratterizzata dal susseguirsi di crisi epilettiche a causa di un’iperattività a livello neuronale, che può generare da un luogo specifico del cervello oppure da diverse regioni e che può essere causata da diversi fattori tra cui traumi al cranio, tumori e malattie infettive. In alcuni casi inoltre, l’epilessia può essere anche congenita.
Gli attacchi epilettici, che possono essere accompagnati o meno da convulsioni, sono molto invalidanti per la vita di individuo, considerando soprattutto l’imprevedibilità della loro ricorrenza.
A livello di terapie più utilizzate, gli individui vengono spesso tratti con farmaci antiepilettici o con chirurgia nel caso il focolaio epilettico, ovvero il punto di origine degli attacchi, sia ristretto e accessibile. Oltre a queste tecniche strettamente mediche, molto efficace è risultato anche l’utilizzo del neurofeedback, soprattutto nei casi di epilessia resistente ai farmaci o nei casi di epilessia intrattabile con la chirurgia.
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Che cos’è il neurofeedback e quale ruolo può avere nel trattamento dell’epilessia?
Il neurofeedback (o EEG biofeedback o neuroterapia) può essere definito come una tecnica psicofisiologica che si pone l’obiettivo di aiutare l’individuo a modificare l’attività elettrica cerebrale rilevata tramite l’elettroencefalogramma (EEG) al fine di controllare in modo conscio le onde cerebrali a seconda del profilo e delle necessità del paziente. Si tratta di una tecnica basta sul paradigma comportamentale del condizionamento operante, in cui il concetto di rinforzo gioca un ruolo chiave. Al soggetto viene fornito in tempo reale un rinforzo, ovvero un feedback sul suo comportamento di modificazione cerebrale, che può essere visivo o uditivo, e che funge da importante ricompensa quando la mente dell’individuo si trova nello stato desiderato. Il paziente impara quindi progressivamente a controllare le proprie onde cerebrali verso pattern più sani.
Il neurofeedback può avere un importante ruolo nel trattamento dell’epilessia e diversi studi scientifici (sia su modelli animali che su esseri umani) confermano la sua effettiva efficacia come trattamento clinico.
In generale, due sono le metodiche più utilizzate nel neurofeedback per ridurre le crisi epilettiche: il primo si basa sull’incremento del Sensory Motor Rhythm (SMR) (ovvero sull’incremento dell’attività 12-16 Hz a livello della corteccia senso motoria del cervello); il secondo, meno utilizzato nella pratica clinica ma anch’esso molto efficace, consiste nella regolazione dei Potenziali Lenti Corticali (SCP), una misura che riflette il livello di eccitabilità della corteccia sottostante. Studi hanno dimostrato che i potenziali lenti corticali negativi si osservano prima e durante gli attacchi epilettici, mentre quelli positivi subito dopo la loro scomparsa: il training, in questo caso, consiste nel produrre shift positivi per prevenire l’onset di un attacco epilettico.
Quindi, l’utilizzo di una o dell’altra metodologia di neurofeedback per trattare l’epilessia può essere visto come una valida alternativa alle terapie mediche, spesso dannose, rischiose e non sempre efficaci.
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Il neurofeedback tramite SMR/SCP funziona davvero? Ed è sicuro?
In riferimento alla prima domanda, numerosi sono gli studi scientifici che hanno tentato di dare una risposta a questa domanda, con esiti molto positivi: infatti, i risultati di diverse review presenti in letteratura che hanno analizzato la gran parte degli studi dagli anni ’70 fino ai primi anni 2000 hanno messo in luce l’effettiva efficacia del neurofeedback nel ridurre in maniera significativa gli attacchi epilettici con una percentuale di miglioramento media di oltre il 70%.
Per quanto riguarda la questione della sicurezza del suo utilizzo, una delle caratteristiche principali dell’utilizzo del neurofeedback risiede nel fatto di essere una tecnica estremamente sicura: infatti, nonostante si parli di onde cerebrali, di elettroencefalogramma e di elettrodi applicati sullo scalpo, il neurofeedback non è in alcun modo una tecnica invasiva. Gli elettrodi vengono infatti utilizzati con il solo fine di registrare l’attività elettrica per poi modificarla senza l’utilizzo di farmaci o sostanze ma solamente grazie ad una modificazione del “comportamento cerebrale” promossa dal soggetto stesso tramite il feedback che gli viene fornito in diretta. Non si tratta quindi assolutamente di una tecnica pericolosa, dolorosa o dannosa.
BIBLIGRAFIA
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