I sintomi dell’Alzheimer: non solo disturbi di memoria

“La malattia di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa, cronica, a progressione lenta, associata ad una graduale perdita della funzioni cognitive”

(Arendt et al., 2015)

I sintomi dell’alzheimer tipicamente caratterizzanti sono a carico delle funzioni “superiori” che, se compromesse, determinano un’alterazione significativa del funzionamento dell’individuo nella vita quotidiana.

Le funzioni superiori maggiormente compromesse nei pazienti con demenza di Alzheimer sono la memoria, l’attenzione ed il linguaggio. Seguono, poi, altri deficit, ad esempio di tipo percettivo, dell’orientamento spazio temporale, che compromettono ancor di più il quadro clinico del paziente.

Con il progredire della malattia, si osserva un graduale deterioramento degli aspetti affettivi ma anche motori. I primi portano il paziente sempre più verso una sorta di “appiattimento emotivo”. I secondi, invece, portano il paziente ad avere difficoltà nell’eseguire compiti di precisione, come infilare il filo nella cruna dell’ago, ma anche nel camminare o nel mantenere l’equilibrio (Vallar & Papagno, 2007).

Ma quali sono i sintomi d’esordio della malattia?

È possibile identificare precocemente i segni ed i sintomi dell’ Alzheimer?

Quali sono i comportamenti tipici da osservare, se si ha il sospetto di un inizio di demenza?

Proviamo a fare chiarezza.

Il quadro sintomatologico d’esordio della demenza di Alzheimer è spesso vario, aspecifico, subdolo.

In alcuni casi, possono presentarsi alterazioni del ritmo sonno-veglia (Song et al., 2015), per cui il paziente lamenta precoci risvegli mattutini, appare particolarmente letargico durante il giorno e si appisola spesso, soprattutto durante le ore pomeridiane.

Altri casi, invece, si osservano bruschi cambiamenti dei tratti di personalità (Wiseman et al., 2015), per cui spesso i familiari descrivono il paziente come fosse “un’altra persona”, se paragonata a qualche mese prima.

A volte poi, la demenza di Alzheimer è preceduta, per periodi relativamente lunghi, da alterazioni del tono dell’umore con presenza di depressione, scarsa iniziativa e isolamento sociale. Tali alterazioni possono essere reattive ad eventi specifici, responsabili di importanti cambiamenti nella vita personale del paziente, come ad esempio, un lutto, il pensionamento, un divorzio, un trasferimento ecc.

Infine, la depressione potrebbe insorgere proprio come conseguenza ai piccoli fallimenti esperiti nella vita quotidiana, dovuti al progredire della malattia, oppure dal malfunzionamento del sistema dopamirgico, responsabile, tra le varie cose, dell’instaurarsi di tali sintomi (Gracia-García et al., 2015). Proprio a causa della scarsa specificità dei sintomi, spesso i clinici non riescono ad identificare precocemente la malattia, generando, così, un ritardo nella diagnosi e nel trattamento della demenza.

Ciononostante, è possibile distinguere due diversi quadri clinici che caratterizzano gli stadi iniziali di malattia: il decadimento ad esordio strumentale ed il decadimento ad esordio disesecutivo (Vallar &Papagno 2011)

Da una parte, il quadro cognitivo si caratterizza per la presenza di prominenti disturbi di memoria, seguiti da deficit di linguaggio, in produzione e/o in comprensione, prassici, ossia nell’esecuzione movimenti, e percettivi. Nell’altra, invece, si osserva una compromissione delle funzioni cosiddette di “controllo” come, ad esempio, l’attenzione, la capacità di inibizione e di monitoraggio di un’azione e gli aspetti motivazionali, cui si associano, in misura minore, altri deficit.

A tali quadri clinici corrispondono aree atrofiche, ossia regioni cerebrali caratterizzate da una significativa riduzione del numero delle cellule neuronali, diverse: nel primo caso appaiono maggiormente compromesse le regioni temporo-parietali, nel secondo caso, invece, le aree frontali.

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