Tecniche di Rilassamento: Training Autogeno e Biofeedback a confronto
Come afferma Lemaire nel 1978, l’obiettivo delle tecniche di rilassamento consiste nello «realizzare una migliore integrazione tono-emozionale per mezzo di nuovi condizionamenti che rendono possibile il controllo del tono attraverso istanze superiori».
Si può affermare che non esiste emozione che non si esprima anche a livello somatico e tonico (tutte le possibili forme di comunicazione, ossia motricità, organizzazione delle prassie e delle gnosie, linguaggio). Per arrivare alla distensione si deve necessariamente ottenere una diminuzione della tensione.
Naturalmente le reazioni del soggetto alla terapia di rilassamento possono essere le più svariate, ad esempio opposizione, acquiescenza o ambivalenza. Tra le cause troviamo che il training di rilassamento è sotto lo sguardo continuo del terapeuta e ciò può creare stati ansiogeni nell’equilibrio psico-fisico del soggetto; la storia evolutiva del paziente risulta altresì importante nello svolgimento delle sedute. Tuttavia, il confronto tra la propria immagine del corpo e il corpo reale, presente, percepito è possibile perché il terapeuta rende presente il corpo del paziente attraverso la prossimità e la distanza, il silenzio e la voce, la manipolazione e la denominazione, ecc… donando nuova sensibilità nuova al rumore, al calore, alla qualità del tatto, alla voce.
Esperienze simili al rilassamento sono:
- Yoga (il cui fondamento teorico è sia fisiologico che religioso)
- Training autogeno (il cui fondamento teorico è biopsichico; Sapir, 1980)
Si basano entrambi su un «allenamento» e sulla concentrazione su determinati punti del corpo, con una forte similarità con le tecniche ipnotiche. Infatti, nell’individuo esiste una capacità di concentrazione che gli permette di sentire le stesse sensazioni fisiche che riscontrano gli individui in caso di ipnosi, ad esempio sensazioni di pesantezza e di calore diffuso (Schultz, 1932).
Lemaire, nel 1965, teorizza tre stadi nel processo di rilassamento:
- Ipotonia muscolare;
- Acquisizione del controllo tonico (grado di concentrazione tale per usare il minimo tono muscolare necessario);
- Vero e proprio controllo tono-emozionale.
Cos’hanno in comune le Tecniche di Rilassamento?
- Un fine economico (ottenere il massimo vantaggio col minimo sacrificio);
- La passività, il rilassamento che induce un mondo di sensazioni, un tuffo introspettivo;
- Le resistenze sono affrontate unicamente nella loro realtà corporea e nel loro significato.
Le 2 Tecniche di rilassamento a confronto: Biofeedback e Training Autogeno
Il biofeedback nasce negli anni 60-70 in California e trae origine dall’ interesse per le modificazioni psicofisiologiche associate ad alcune tecniche di origine orientale (yoga, meditazione) e dagli studi su modelli animali rispetto all’apprendimento viscerale, ossia alla possibilità di modificare tramite condizionamento alcune funzioni neurovegetative.
Lo schema di trattamento del Centro di Biofeedback della III Cattedra di Clinica Psichiatrica dell’università di Roma prevede le seguenti fasi:
- Baseline = normalmente tre sedute all’inizio e tre alla fine (confronto per efficacia)
- Trattamento = in genere 30 sedute a cadenza settimanale della durata di 50 minuti ciascuna (20 minuti per posizionamento elettrodi, 30 minuti di training: 5 trials di 5 minuti intervallati da pause di 1 minuto durante le quali vengono fornite informazioni sull’andamento e rinforzi verbali)
- Homeworks= almeno 30 minuti al giorno
- Follow-up=ogni 15 giorni (inizialmente) poi ogni mese per tre mesi: mantenimento
Il biofeedback viene usato spesso nella riabilitazione psicoterapica nel caso di necessità di modificazione comportamentale di tipo cognitivo-comportamentale utilizzati in pazienti sofferenti di sintomatologia fobica, ossessiva e di disturbi alimentari. Questa tecnica, infatti, permette al paziente:
- un contatto diretto con il suo corpo
- la padronanza cognitiva: approfondire la conoscenza della propria organizzazione cognitiva
Schultz prende spunto dagli studi di Vogt sul sonno artificiale (soluzione ipnotica) e sul metodo frazionato (elementi propri dell’ipnosi, diretto dal terapeuta) per creare il proprio metodo (1912): il training autogeno.
Esso si basa su esercizi fisiologico-razionali per determinare una deconnessione globale dell’organismo; si compone di due cicli: uno inferiore e uno superiore.
Il ciclo inferiore (training somatico) si compone di sei esercizi che dovranno essere ripetuti quotidianamente e autonomamente dal paziente (nel corso di ogni seduta, a distanza di 7-14 giorni, ne impara uno). Ogni volta che si apprende un esercizio nuovo si devono ripetere prima quelli già appresi. Le prime sette sedute sono utilizzate per percepire ed evidenziare le sensazioni di pesantezza e calore sul corpo. Il ciclo superiore, invece, si basa su una serie sistematizzata di esercizi meditativi, che contemplano la presa di coscienza della vita interiore.
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