Plasticità cerebrale e ruolo della riabilitazione neuropsicologica

Dopo una lesione cerebrale si può migliorare? E come?

Il recupero dopo una lesione cerebrale è un processo complesso mirato a riacquistare la massima autonomia, autosufficienza e qualità di vita, ed è anche un processo affascinante che riunisce la neuroplasticità cerebrale spontanea alla capacità reattiva del nostro cervello a stimolazioni specifiche generando nuovi apprendimenti o ri-apprendimenti attraverso nuove connessioni neurali.

Dopo una lesione cerebrale focale, per esempio dopo un ictus o un trauma cranico, o in caso di lesione diffusa (es. degenerazione legata a un deterioramento cognitivo come nella demenza), è infatti necessario attuare un intervento di riabilitazione e stimolazione delle funzioni cognitive e comportamentali.

Qual è lo scopo di un intervento riabilitativo?

Nel caso di una lesione cerebrale lo scopo è di restituire la massima funzionalità cognitiva, affettiva e lavorativa possibile alla persona, riducendo i deficit derivati dal danno cerebrale, nel caso di una demenza lo scopo dell’intervento riabilitativo è di rallentarne l’evoluzione, per entrambi lo scopo ultimo è di raggiungere e mantenere la massima autonomia possibile per la persona nel pieno rispetto della sua dignità e della sua autodeterminazione.

Quali obiettivi?

La riabilitazione neuropsicologica dopo una lesione cerebrale è “goal-oriented” ovvero risponde ai bisogni del paziente, ai suoi punti di forza e di debolezza, creando cambiamenti stabili nel tempo, e interviene in due momenti consequenziali:

  1. guida il processo di recupero spontaneo che il cervello mette in atto in massima parte entro un anno dall’evento traumatico guidando la ricostruzione delle connessioni lese e favorendo la risoluzione di fenomeni infiammatori che rischiano di compromettere neuroni ancora attivi ma in sofferenza (cfr. fenomeno “diaschisi”).
  2. continua dopo il periodo di recupero spontaneo attraverso l’utilizzo di tecniche combinate (training computerizzati, realtà virtuale, addestramento per il recupero di autonomie legate alla vita quotidiana, tecniche psicofisiologiche quali biofeddback e neurofedback, tecniche comportamentali, supporto psicologico e psicoterapeutico…). Lo scopo è il recupero della massima funzionalità possibile nelle diverse aree di vita della persona con lo scopo di ridurre la disabilità presente.

Quando una riabilitazione neuropsicologica risulta efficace?

Da tutti gli studi scientifici effettuati negli ultimi 50 anni si è visto che la massima efficacia riabilitativa prevede interventi prioritari sulle funzioni attentive (attenzione “sostenuta” nel tempo, “selettiva” ovvero focalizzata su un obiettivo in presenza di elementi distraenti, “shifting attentivo” ovvero lo spostamento da un compito un altro, “divisa” su due compiti,…), sulle funzioni esecutive frontali (pianificazione, inibizione, consapevolezza, flessibilità, …), sulla memoria di lavoro (che influisce sulla capacità di eseguire più compiti in contemporanea e sulla velocità esecutiva). Questi interventi infatti aiutano il nostro cervello ad attivare risorse cognitive per affrontare altri compiti più complessi quali il recupero del linguaggio, della memoria a lungo termine, delle capacità comunicative-relazionali e lavorative più complesse.

Da cosa e come si vede il cambiamento oggettivo?

Al centro di ogni presa in carico riabilitativa c’è la persona, con la sua unicità, con i suoi bisogni cognitivi, emotivi, fisici, relazionali, così come la sua famiglia che deve essere supportata e addestrata per essere efficace nel suo intento di supporto. La scelta di come effettuare i singoli interventi, la loro tipologia, la loro durata, la valutazione dell’efficacia clinica, statistica ed ecologica (ovvero le ricadute nella vita quotidiana del paziente) vanno attentamente valutate e previste tramite una valutazione psicodiagnostica e neuropsicologica globale prima di ogni intervento. In corso di intervento costantemente andranno monitorati i parametri che misurano l’efficacia e l’efficienza delle misure attuate dimostrandone l’andamento sia al malato che alla sua famiglia in modo che il loro coinvolgimento e la motivazione siano rinforzati da dati oggettivi e il neuropsicologo possa adattare continuamente il trattamento al paziente.

Come può migliorare la qualità della vita?

Il miglioramento della qualità di vita della persona può avvenire attraverso tre processi che si integrano lungo il percorso di cura, e tutti appoggiano sulla neuroplasticità funzionale e strutturale del nostro cervello:

1. l’intervento riabilitativo mirato al massimo recupero cognitivo possibile rispetto al livello pre-morboso, attraverso il lavoro specifico sulle funzioni compromesse o attraverso  l’uso strategico compensativo di altre funzioni cognitive che permettono di sopperire a quelle deficitarie

  1. Attraverso strategie di compenso (una sorta di aggiramento della difficoltà attraverso “protesi” quali agende, alert visivi o sonori mirati ad attivare un certo compito a una certa ora, ecc.)
  2. Un intervento di modifica “protesica” dell’ambiente in cui vive il paziente e delle richieste che pone al soggetto. Ciò avviene attraverso l’addestramento dei familiari, degli altri operatori di supporto, piuttosto che attraverso l’insegnamento di strategie comunicative e gestionali che riducano l’impatto della disabilità del paziente attraverso una gestione formata e consapevole. Ciò rientra in un approccio bio-psico-sociale che vede nelle facilitazioni o barriere presenti nell’ambiente uno stimolo o un ostacolo alla realizzazione della autonomia del paziente (un esempio: familiari informati addestrati alla gestione di reazioni aggressive, a leggere i cambiamenti di personalità all’interno di un modello che dà senso al comportamento del paziente, saranno a loro volta strumenti importanti di miglioramento, di benessere, di qualità di vita per il paziente e non solo).

La persona al Centro

Non esiste un trattamento riabilitativo uguale ad un altro come non esiste una persona uguale a un’altra.

Ma ogni persona è un universo a sé, portatrice di grandi capacità di recupero e rinascita, anche nella notte più buia.

 

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