Nuovo welfare e pandemia: le aziende al centro del superamento del disagio da pandemia. Proposte

 

Oggi, 27 gennaio 2022, è stato presentato a livello nazionale il “Quinto rapporto sul secondo Welfare: Il ritorno dello stato sociale? Mercato, terzo settore e comunità oltre la pandemia”. Tra i vari e interessanti interventi (vedi locandina e programma)  si è posta l’attenzione sul “Welfare italiano e la pandemia” trattato dalla professoressa Franca Maino della Università degli Studi di Milano e direttrice del Laboratorio Percorsi di secondo Welfare.

Il rapporto evidenzia come solo grazie a una azione sinergica tra attori del secondo welfare (aziende, fondazioni, sindacati, associazioni, consorzi, enti non profit e gruppi informali di cittadini,..) e i servizi sociali e sanitari pubblici, si potranno affrontare e superare  le conseguenze sociali, economiche, di salute e benessere, dei prossimi anni, generate dalla Pandemia di Covid-19.

Alcuni elementi critici emersi da questo rapporto.

Innanzitutto le sfide del 2000 e 2021 legate al distanziamento volte al contenimento del contagio hanno avuto un impatto principalmente su sanità, occupazione e povertà. Cruciale sarà l’impatto delle risorse previste dal Piano Nazionale di ripresa e Resilienza (PNRR) legato a Next Generation UE, risorse utili che però hanno privilegiato, nell’emergenza, alcuni settori rispetto ad altri.

Si è assistito all’aumento della spesa sanitaria privata per accedere a servizi di cura e di prevenzione con un impoverimento delle risorse familiari e della condizione di salute dei cittadini (con talora una rinuncia alle cure stesse come visite specialistiche) (Razetti e Maino, 2019).

Invecchiamento e dicotomie

Viene da chiedersi come le famiglie, le persone impegnate in un lavoro, già in difficoltà per il contagio, per la paura del contagio, per la difficoltà ad accedere a servizi socio-sanitari a causa della pandemia e della riduzione degli accessi potenziali, possano gestire patologie croniche e invalidanti, che necessitano di assistenza, o semplicemente i bisogni legati all’invecchiamento, alla incipiente non autosufficienza, alla solitudine del genitore anziano… Come hanno conciliato tempo di lavoro e tempo di assistenza? Con quanta ansia, impotenza, frustrazione, difficoltà, magari combattuti tra l’amore per il proprio lavoro e l’amore per la propria famiglia e le sue esigenze?

Come un welfare aziendale oculato potrebbe andare incontro a tutto ciò? Con ritmi di lavoro più flessibili? Favorendo l’accesso a servizi di supporto assistenziale o monitoraggio/contatto a distanza?

Disagio giovanile e dispersione scolastica

Nel 2020 i NEET, (acronimo di “not in employment, education or training”), cioè i giovani che non studiano e non lavorano erano il 25,1% della popolazione italiana tra i 15-34 anni: il valore più alto registrato tra tutti i Paesi dell’UE, in cui è in media il 15% 21 (Database Eurostat).

Con il lockdown, la Didattica a distanza, le varie quarantene, si è visto aumentare il disagio soprattutto nella fascia 12-18, con un aumento importante della disaffezione verso la frequenza scolastica qualora non vi sia stato l’interruzione del percorso di studi.

Soprattutto le donne, divise spesso tra lavoro, assistenza ad anziani e cura dei figli hanno subito il carico di questo periodo.

Come un welfare aziendale oculato, con ritmi e tempi di lavoro flessibili, ma anche supporti al recupero scolastico per i figli, tutoring, attivazione di potenziamenti mirati, …potrebbe essere di aiuto nella ripresa?

 

Questi sono solo alcuni dei punti chiave analizzati nel “Quinto rapporto sul secondo Welfare”. Leggere e tentare di comprendere le ricadute sociali, psicologiche, di salute, economiche di questi dati conseguenti a due anni di pandemia potrebbe risultare deprimente, potrebbero risultare statistiche “ovvie” vista la pandemia. Ma non è così ovvio che ad ogni grande somma di problemi si possa analizzare i bisogni partendo dalla singola persona, dalla singola famiglia, offrendo importanti aiuti, che, se dati in modo mirato e specifico potrebbero risultare sostenibili economicamente, fondamentali in un progetto più ampio di ripresa e di rinascita e, soprattutto, utili e cruciali per quella persona e quella famiglia.

Pensare che per ogni problema esistano sempre molteplici piccole soluzioni mirate a bisogni specifici potrebbe essere un buon punto di partenza.

Mettere le persone al centro, analizzare i loro bisogni concreti, mettere le azioni di welfare a servizio di soluzioni mirate, misurarne l’efficacia e l’impatto.

Un passo alla volta, un mattoncino alla volta.

 

Cfr. Maino F. (2021) (a cura di), Il ritorno dello Stato sociale? Mercato, Terzo Settore e comunità oltre la pandemia. Quinto Rapporto sul secondo welfare, Torino, Giappichelli.